Gi.Bi.

Il Diario di Sandro

Alessandro Rinaldi

e’ un volontario emergenciano un po’ speciale perche’ dopo aver passato gli ultimi 22 anni della sua vita quasi sempre all’estero, impegnato in missioni umanitarie non militari, ha deciso di collaborare con Emergency.
Nel 2003 ha partecipato alla costruzione dell’ospedale di Lashkargah, nel sud dell’Afganistan, durata 13 mesi dal nudo suolo all’inaugurazione.
E’ da poco partito per la sua seconda missione e ora si trova nuovamente in Afghanistan per riallestire i laboratori dei tre ospedali che Emergency gestisce in quel paese.

11/02/2005 (venerdi’) – da Dubai

Oggi ho deciso di provare il collegamento con il mio cellulare GPRS ed il mio computer. Sembra che tutto funzioni e cosi’ ne approffitto per darvi alcune mie brevissime notizie. Mi scuso con tutti se diffondo questo messaggio, in chiaro, contemporaneamente, ma sono pressato dalla contingenza.
Su Kabul il clima e’ pessimo. Gli aerei non riescono neppure a decollare, che e’ piu’ facile che atterrare e quindi da Dubai nessun volo e’ possibile sin da lunedi’ scorso. Ogni mattino alle 5 ci si reca all’aeroporto e si aspetta. Le notizie delle tre compagnie che operano su Kabul sono incerte e frammentarie, per non dire inesatte ed inesistenti. Ecco perche’ chi ha amici a Kabul e un cellulare riesce a conoscere meglio la situazione. La compagnia Kam Air e’ la piu’ cauta, visto che ha gia’ avuto un grave incidente. La compagnia afghana Ariana Airways e’ piena di prenotazioni e, a mio avviso, ha gia’ venduto piu’ biglietti di quanti passeggeri potra’ soddisfare. La compagnia che e’ ingaggiata dalle Nazioni Unite e’ ormai oltre misura impegnata con i propri abituali frequentatori e, detto proprio fuori dalle righe, non agevola la prenotazione di estranei al proprio entourage. Oltre tutto il costo del biglietto e’ quasi doppio rispetto alle altre compagnie, anche se la sicurezza ed il servizio sono i medesimi. Io, come gli afgani presenti e pochi altri convintisi in questi giorni, ho acquistato un biglietto per la compagnia afghana, come sempre in passato avevano fatto i cooperanti delle varie ONG. Le autorita’ di Dubai sono abbastanza pazienti con la ressa che si forma nel locale delle partenze. Gli afghani sono molto pittoreschi e caratteristici nei loro vestiti e con i loro bagagli inverosimili. Oltre tutto non possono permettersi di alloggiare in citta’ e quindi si accampano nell’aerostazione. Io ho trovato un piccolissimo albergo sul sentiero di discesa dell’aeroporto. Forse per questo (il rumore assordante) e per la sua modestia non e’ mai al completo e quando esco presto al mattino, mi promettono di mantenere la singola fino a mezzogiorno. Ci� mi ha assicurato il pernottamento fino ad ora. Non lontano c’e’ un quartiere indo-pakistano dove si pu� mangiare come in quel posticino aperto di recente a Ferrara all’angolo di Porta Catene.
All’aeroporto ho organizzato un piccolo “comitato degli sfollati” dell’aerostazione dove convergono le notizie piu’ disparate e dove, dopo averne vagliata la veridicita’, le diffondiamo agli astanti, comunicandole nelle rispettive lingue. Rarissimi afghani conoscono l’inglese e pochi di loro comprendono l’arabo. Qui’ le informazioni ufficiali le dicono in arabo ed in inglese (un p� malino per giunta). A rendere difficile il collegamento aereo con l’Afghanistan c’e’ pure il divieto americano agli aerei afghani di usare il loro aeroporto di Kandahar (la seconda citta’ per importanza ed ora a 4 ore di auto da Kabul). Mentre e’ del tutto proibito usare l’aeroporto da Bandahar a mezzora d’auto da Kabul, in quanto e’ sede di una base aerea americana.
Insomma non rimane che mantenere la calma e la fiducia nel miglioramento delle condizioni climatiche su Kabul. Detto tra me e me: non ci vorrebbe poi molto ad attrezzare le radioassistenze dell’aeroporto di Kabul per operare in condizioni di pessima visibilita’. Di soldi se ne spendono tanti in altre destinazioni … Va beh, questa e’ un’altra storia! Ora provo a spedire questo messaggio ed ad organizzarmi il resto della giornata. Ieri ad alcuni di voi avevo inviato una fotografia della ressa all’aeroporto, via MMS. E’ probabile che abbiate ricevuto solo un messaggio SMS, che vi indirizzava ad un sito internet per la visione. Vi abbraccio tutti con tanto affetto e vi auguro ogni buona cosa, ringraziandovi per la vostra attenzione e per i vostri messaggi sms.
Sandro.
p.s. il mio carrello e’ nascosto dall’afghano in primo piano

25/02/2005 (venerdi’) – da Kabul

L’influenza e’ passata. Cinque giorni di febbre a 38-39�C, con dolori ai nervi ed alle ossa mai provati. Forse me ne sar� dimenticato, dal momento che non ricordo quando ho avuto infermita’ del genere. La foresteria di Emergency, di fronte all’Ospedale, e’ molto fredda, nel senso che ciascuno si arrangia come pu� in camera propria con una stufa a legna, ma i luoghi comuni ed i passaggi tra i vari ambienti sono gelidi. E quando stai male non riesci a fare nulla. La sera il locale della cucina si anima dei volonterosi cuochi e la temperatura sale. Io in cucina mi occupo di mansioni di supporto, come pelare, sbucciare, impastare, eccetera, non essendo uno chef. Oggi e’ venerdi’ ed e’ riposo settimanale. Un p� tutti ne approffittiamo per sbrigare lavori o corrispondenze, che richiedono calma e pazienza. Situazioni che non sono proprie nelle giornate normali. Oggi c’e’ il sole con +5�C e non tira vento. L’Ospedale e’ abbastanza pieno. Molte sono le presenze di bambini nei reparti di riabilitazione motoria e altrettanto numerosa e’ la presenza nei reparti per traumatizzati in genere: incidenti stradali, ferite da arma da fuoco, scoppio di mine. Le mine…! La neve si scioglie, viene spalata e rimossa e nuove insidie vengono poste alla luce. Non ho molte notizie dagli altri Ospedali, nel senso che le ricevo indirettamente. Nell’Ospedale di Anabah, che si trova a due ore di strada verso nord-est nella valle del Panjsher, e’ attivo un reparto di maternita’ ed uno di medicina generale. Quelli di Kabul e di Lashkargah sono prevalentemente centri chirurgici traumatologici. In particolare ho iniziato ad occuparmi della manutenzione delle apparecchiature presenti a Kabul. Ho iniziato da due sterilizzatrici, ma altre macchine sono in lista d’attesa. Non so giudicare ora quanto tempo mi ci vorra’ prima di passare ad organizzare l’assetto del laboratorio analisi, ma mi impegner� al massimo. Una situazione contingente ha costretto il “logista” di Kabul di spostarsi a Lashkargah e questo mi porta un certo impegno accessorio, che a volte stento a gestire al meglio. Qui’ bisogna inventarsi in ogni momento e trovare le energie ed il tempo per le situazioni piu’ urgenti. Spero che nelle prossime settimane si riesca a risolvere questo vuoto di ruolo ed in questo senso il Coordinatore Medico (Dott. Marco Garatti) ha gia’ invitato l’ufficio di Milano ad attivarsi. Non e’ tuttavia facile trovare volontari disposti anche per soli tre mesi. Immaginatevi per cinque o piu’. Non ho notizie dirette di Michele Ungaro, ma una infermiera finlandese basata a Lashkargah (Helena) mi ha detto di averlo visto in forma. Addirittura scambiandolo per un afghano. Lui abita a Lashkargah di fronte alla foresteria di Emergency. Ora ti debbo lasciare, ma non mancher� di aggiungere di volta in volta altre notizie. Ti e vi ringrazio ancora tanto per la vostra abnegazione, volonta’ e disponibilita’. Tutte queste cose hanno permesso e stanno permettendo la mia e di molti altri missione.
Grazie, Sandro.

11/03/2005 (venerdi’) – l’inverno a Kabul

Il mese di Gennaio e’ indubbiamente il mese piu’ freddo dell’inverno afghano. La temperatura di notte scende di molti gradi sotto lo zero e spesso anche durante il giorno la colonnina del mercurio ne rimane sotto.
Riscaldare i reparti di degenza e le sale dei vari altri servizi ospedalieri e’ sempre stata un’impresa difficile da raggiungere con soddisfazione.
Le stufe a legna od a kerosene, poste nelle stanze, emanavano comunque odori ed esalazioni non consoni al luogo da riscaldare ed il loro funzionamento e manutenzione era un impegno gravoso sia per il personale sanitario, che per quello addetto alla manutenzione.
Ora la situazione e’ radicalmente e notevolmente migliorata.

21/03/2005 (lunedi’) – 1384
oggi, 1384 anni ora sono Moahmmed si recava dalla Mecca a Medina, iniziando cosi’ – in quel luogo – quel suo secondo periodo profetico. I mussulmani afghani ricordano quella svolta epocale, facendone iniziare il conto degli anni.
La festa non e’ molto rumorosa attorno. Un pallido sole fatica a far evaporare la pioggia caduta insistente per giorni e la gente comune attende alle normali faccende. Solo gli uffici pubblici, quelli delle organizzazioni internazionali presenti e pochi altri non sono presenti nei luoghi di lavoro.
Noi siamo qui’, naturalmente.
Questa mattina un giovane di vent’anni aveva deciso di festeggiare il nuovo anno con degli amici, oltre la montagna che sovrasta Kabul verso ovest. Il luogo e’ bello e panoramico. Sono molti tra gli afghani che amano trascorrere le feste li’. Lo chiamano gia’ il luogo del “pick nick”. Avevano disteso i teli per terra, in uno spiazzo gia’ asciutto dalle piogge cadute insistenti nei giorni scorsi. Avevano cominciato ad organizzare cibi e bevande ed a cercare…..legna per accendere il fuoco….sul quale cuocere gli spiedini di carne di pecora.
…un’esplosione l’ha colpito con il fascio gia’ raccolto tra le braccia.
…e’ stato subito portato al nostro Ospedale, un amico ha potuto dare il suo sangue, ma non piu’ entrambe le gambe che i chirurghi hanno dovuto amputargli.
Ha vent’anni. Se ne tornera’ a casa con due protesi, con le quali abituarsi ad una vita che non immaginava, poche ore prima, sarebbe stata la sua.
Ieri ero di ritorno da un ufficio governativo. La strada era intasata…. forse il solito corteo di auto governative che sfreccia chissa’ dove? Accompagnati da autoblindo militari ed auto, dai finestrini delle quali si sbracciano uomini civili armati di tutto punto. No, e’ una manifestazione di invalidi, di mutilati, di ciechi accompagnati. Occupavano rumorosi una meta’ del viale. Davanti i cartelli portati da uomini in stampelle, dietro le carrozzine sospinte dagli stessi occupanti senza gambe e quindi altri mutilati alle braccia o ciechi a piedi. Infine un pulmino senza porte, dall’interno del quale degli uomini con un megafono gridavano qualcosa. Cosa dicono quegli uomini? Cosa c’e’ scritto sul foglio che ci hanno dato quelli a piedi? Chiesi all’interprete che era con me.
…Le solite cose che vanno dicendo da tempo: che loro hanno combattuto, che loro hanno ubbidito e sofferto, ma che – a differenza dei loro comandanti – non hanno piu’ nulla. Hanno perso case, parenti, membra e non sanno come provvedere a se stessi ed ai loro bambini…
…Le solite cose, con la differenza che le possono gridare, ma chi li sta ad ascoltare?
Il corteo passa a fianco alla macchina, si sbracciano in tanti a salutare e, sorridendo, a gridare qualcosa. Che cosa, chiedo? Ringraziano noi, il nostro Ospedale, dove hanno trovato assistenza gratuita, sostegno, addestramento alle loro menomazioni. Dignita’!
Buon anno! Sandro.

27/03/2005 (domenica) – E’ scoppiata la primavera

La Primavera e’ scoppiata finalmente. Si allestiscono i giochi all’aperto per i bimbi ricoverati. Si preparano le aiole per rendere il soggiorno piu’ accogliente alla vista. Si fanno le pulizie piu’ ariose e si mettono quei pazienti che possono a godersi il primo caldo sole.
Buona Pasqua da Kabul.

01/04/2005 (domenica) – Arrivederci

Francesco se ne andra’ tra pochi giorni. E’ stato qui’ per tre mesi, a titolo completamente gratuito e non ha mai avuto un solo giorno di riposo! Il suo lavoro di chirurgo d’urgenza non glielo ha concesso. E cosi’ di giorno o di notte, di festa o durante le normali giornate lavorative Francesco era sempre disponibile a prestare il suo servizio. Calmo, sereno, sicuro. La sua radio sempre accesa lo teneva informato sulle attivita’ del pronto soccorso, sulle necessita’ del reparto di terapia intensiva, sulle richieste dei reparti. E lui andava sempre, con grande dedizione a prestare la sua opera. Quanti momenti di amarezza, quanti momenti di sconforto avranno solcato la sua mente! Quanti casi drammatici non avra’ potuto governare secondo la sua volonta’! Ma anche quanto bene hai fatto caro Francesco!
Grazie, non ti dimenticheremo mai!

24/04/2005 (domenica) – Mine

Le mine sono ovunque. Sono state poste negli anni addietro, durante ogni successivo periodo bellico, la’ dove le attivita’ dell’uomo potessero svolgersi. Per impedirne lo svolgimento. Difficile ed estremamente costosa e’ l’opera di sminamento. Se non utopistica! Non rimane che bonificare piccoli lembi di territorio, di sentieri, di passaggi. E sperare di aver eseguito giusto l’intervento e sperare che nessuno, a ragion veduta od involontariamente, si discosti dalle linee di guardia tracciate.
Un saluto da Sandro.

02/05/2005 (lunedi’) – Abul Rafi

Il padre di Abul Rafi ha chiesto ieri, per tutto il viaggio, che gli fosse tolto un suo occhio per darlo al figlio accecato. Ma non e’ possibile, purtroppo.
Abdul di sei anni giocava, poco lontano dal padre. Troppo lontano purtroppo, viste le circostanze. Erano andati insieme nel piccolo lembo di terra, attorno a Lashkargah, nel sud dell’Afghanistan. Il padre per attendere alle modeste attivita’ agricole permesse e lui, Abdul …. per giocare. A settembre avrebbe iniziato le scuole governative regolari. Tra i cespugli un oggetto colorato in verde attir� l’attenzione del bimbo. Ma che cos’era, che non voleva uscire dall’intrigo? Un pappagallo verde. Putroppo. Gli scoppi� in mano. Due dita le perse subito. Da un occhio il chirurgo di Lashkargah gli tolse una scheggia, lasciandolo tuttavia cieco e l’altro occhio ora non vede che la differenza tra luce ed ombra. Abdul e’ qui’ in Ospedale con il padre. Verra’ visitato da un oculista ed insieme aspetteranno la risposta alle loro speranze, ma una cosa e’ certa. La speranza di coloro che hanno inventato i pappagalli verdi, affinche’ con la loro forma ed il loro colore attirasse l’attenzione di bimbi, e’ ancora una volta stata tristemente soddisfatta.
Un’emergenza come questa non finira’ mai definitivamente! Purtroppo.
Sandro.

25/05/2005 (sabato) – Hessan

Era cominciata ad Herat, nel Luglio del 2003, la nostra amicizia, che per cinque mesi ci accompagn� poi durante i lavori per la costruzione dell’Ospedale di Lashkargah. Tu, Hessan, sei stato la mia voce in Dari, in Pastun ed anche in Indu. Io ben poco avrei potuto comunicare tra le genti di quella dura terra, che racchiude ora il tuo ricordo. Ti ho poi incontrato a Kabul quest’anno a Febbraio. Te ne stavi andando a lavorare per un’altra Organizzazione ed io, con la medesima cocciuttaggine che ben conoscevi, ho invano tentato di trattenerti. Ma le tue scelte si erano gia’ compiute e le tue speranze ti aspettavano a Lashkargah. Hai invece incontrato la morte per mano di una banda di fanatici, che hanno voluto sfogare in te la loro insana rabbia verso l’Organizzazione che ne contrastava il loro turpido mercato.
Dolore, sgomento, vertigine, rabbia ho provato nell’accogliere la notizia del tuo assassinio. Come avrei voluto essere riuscito a convincerti a rimanere, come dopo le nostre lunghe discussioni sul greto dell’Helmand ai bordi del costruendo Ospedale, dove stanchi ci siedavamo a chiarirci delle incomprensioni della giornata, a scusarci dei toni assunti, a riprendere coraggio per l’indomani. E la sera calava e riprendevamo fiducia e tornavamo a casa. Alcune tue foto mi ricordano di te quando hai appreso ed insegnato a tagliare il ferro o quando vigilavi senza sosta ai lavori. Permettimi di condividere questi ricordi con altri, che magari non ti hanno conosciuto come me. Grazie Hessan, riposa in pace!
Sandro.

25/07/2005 (lunedi’) – Feriti da mina

Shamirza Said ha 28 anni. Fa l’agricoltore nella piana di Bagram a nord di Kabul. Questa mattina, come altre di questo mese, si era recato al campo per continuare la mietitura manuale del grano, le cui bionde e pesanti spighe piegate dal peso e dal vento, vengono tagliate, legate e raccolte in fasci ai margini. Un carro passa poi per tutto portare al centro di una spianata, dove due buoi girandovi sopra in tonto lo sgramolano e lo preparano alla successiva separazione dalla paglia. Gli uomini si mettono sottovento e lanciano in aria i semi, che si separano dall’erba seccata e trebbiata dagli zoccoli degli animali. Shamirza si allontana un momento per arrivare al vicino rigagnolo d’acqua d’irrigazione. Per bere. Non ci arriva. Una mina antiuomo gli trancia il piede sinistro, non lo si ritrovera’ piu’. Le schegge dell’ordigno gli si conficcano nella mano e nella spalla sinistra. Il petto gli si riempie di sangue. Viene soccorso dai compagni di lavoro, che ignari di altri pericoli lo sollevano e di peso lo portano al posto di pronto soccorso di Emergency, che sta nel paese poco distante. Li’ lo medicano ed arriva quindi all’Ospedale di Emergency in Kabul, dove viene operato, aggiungendosi alla lunga lista dei “feriti da mina”, degli invalidi, delle vittime civili di una guerra che, non si vuole ammettere, continua ogni giorno. Le mine antiuomo, si e’ detto, sono armi tattiche. Nulla di piu’ falso, di piu’ ipocrita, di piu’ disumano. Le mine antiuomo non uccidono quasi mai, ma rendono le loro vittime, per lo piu’ ignari civili, incapaci di autonomia, di sviluppo, di futuro. In questo sta il loro tatticismo: impedire l’indipendenza di generazioni inermi.
Sandro.

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